Project Description
Philippe Thomassin
(Troyes 1562 – Roma 1622)
Ganimede rapito da Giove
Bulino
misure: mm 418 x 280
Editore ed incisore francese stabilitosi a Roma nel 1585 dove lavora nella bottega dello stampatore Claudio Duchetti allievo di Antonio Lafrery. Abbiamo scarse notizie riguardanti la sua vita, ma sappiamo che è stato il primo maestro di Jacques Callot il quale ha imparato la professione di incisore nel laboratorio di Thomassin al suo arrivo a Roma nel 1609 all’età di 17 anni. Nel 1588 insieme al cognato, il pittore Jean Turpin, crea una società ristampando vecchie lastre che Thomassin aveva restaurato o realizzandone di nuove (soprattutto soggetti religiosi da Barocci, Antonio Tempesta e Francesco Vanni), a Turpin invece spettava il compito della loro edizione e commercializzazione. Il loro sodalizio si concluse nel 1602 in seguito alla morte della moglie di Thomassin sorella della moglie di Turpin. L’autore lasciò a Turpin circa duecentoquaranta lastre che Turpin continuò a stampare prive del nome di Thomassin.
Questa stampa è tratta da un’invenzione di Michelangelo Buonarroti. Tra il 1532 e il 1533 Michelangelo creò una serie di disegni mitologici, di altissima qualità, per il giovane nobile Tommaso de Cavalieri come segno della loro amicizia. Questi disegni a gessetto acquisirono grande fama e subito dopo la loro esecuzione divennero oggetti molto ambiti dai collezionisti e per questo copiati da diversi incisori. In questa stampa, nella parte superiore del foglio, assistiamo al rapimento del giovane pastore Ganimede. Egli viene portato in cielo tra un turbinio di nubi da Giove il quale ha assunto le sembianze di un aquila. Il giovane ragazzo ha un corpo scultoreo, classicheggiante, il volto sofferente è incorniciato da folti capelli mossi dal vento così come il mantello rigonfio e ricco di contrasti chiaroscurali. La posa ci fa pensare che egli si abbandoni alla presa dell’aquila che spiega le sue ali e affonda gli artigli nelle gambe del ragazzo separandolo con sguardo fiero e pauroso dalla terra. In basso, in un paesaggio contraddistinto da catene montuose, città arroccate e imbarcazioni a vela che solcano, sulla sinistra, il mare in lontananza, troviamo su di una roccia il cane del giovane. L’animale abbaia rivolgendo il muso al suo padrone. ha i muscoli in tensione e la bocca aperta con i denti ben visibili. In basso entro il paesaggio si legge “Michael Ang. Bonar. In. / Phil. Thomassinus exc. Romae” e il titolo entro una sorta di cartiglio.
Impressione eccellente, toni nitidi e neri decisi. Con grande abilità dell’uso del bulino i contrasti chiaroscurali creano profondità e definiscono i volumi. Ottimo stato di conservazione. Margini regolari oltre la battuta del rame.
Filigrana: “giglio nel cerchio con le lettere B e V” simile a Briquet n7118, 7119. Italia centrale, carta databile alla fine del Cinquecento.
Si conosce un’altra versione simile alla nostra e attribuita dalla Bianchi a Beatricetto con l’indicazione della data 1542 incisa sulla lingua del cane e con l’indirizzo di Lafrery nel secondo stato. Della lastra di Thomassin si segnalano due esemplari: uno presso il British Museum (V,2.111) e l’altro a Brescia presso la Pinacoteca Tosio Martinengo.
Bibliografia: (per la versione di Beatricetto) Silvia Bianchi “Contributi per l’opera incisa di Nicolas Beatrizet” Rassegna di studi e di notizie. IX, 1981.
Prezzo: € 1500.00